Parsifal

Giuseppe Sinopoli
Coro e Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Roma
Date/Location
6 March 1994
Auditorio Pio Santa Cecilia Roma
Recording Type
  live  studio
  live compilation  live and studio
Cast
AmfortasFranz Grundheber
Titurel?
GurnemanzKurt Rydl
ParsifalRobert Schunk
KlingsorHartmut Welker
KundryWaltraud Meier
Gralsritter?
?
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Reviews
La Repubblica

SINOPOLI INCANTA CON IL SUBLIME PARSIFAL

NELLA sua conferenza sul Parsifal, domenica mattina, Giuseppe Sinopoli ha molto insistito sui contenuti iniziatici, misterici dell’ opera, sulla rete, fittissima, di associazioni simboliche di cui è intessuta. Ha soprattutto messo in rilievo i complicati, intensi e speculari rapporti tra la figura maschile del ‘ puro folle’ Parsifal, e quella femminile della madre e amante, Grande Madre, che si assume la salvezza del mondo, e seduttrice Medusa primordiale che lo perde o, piuttosto, ha bisogno anche lei di essere salvata. Tutto vero, e tutto giusto. Ma Wagner attinge anche ad altre fonti, che, soprattutto per il pubblico italiano, immerso in un contesto culturale di radice cattolica, vanno esplicitate. Wagner, innanzitutto, vive dentro una cultura di matrice luterana. Il cristianesimo di Wagner non è il cristianesimo della Chiesa di Roma, bensì quello della Riforma di Lutero. Non è differenza da poco. Il punto della contesa, tra Lutero e Roma, stava, e sta, tra l’ altro, nell’ interpretazione del peccato originale, dal quale Cristo ha redento l’ umanità. Per la teologia scolastica, e dunque per Roma, è un peccato di orgoglio, come quello di Lucifero, l’ angelo che si danna. Per Lutero è un peccato di concupiscenza, da cui nasce il peccato d’ orgoglio. Parsifal è l’ ultima fatica di Wagner. E viene dopo il pessimismo del Lohengrin, il desiderio d’ annientamento del Tristano e la catastrofe dell’ Anello. E’ , anzi, il tentativo di dare una risposta alle domande, inevase, di quelle opere. La storia umana offre a Wagner una serie di orrori, di ingiustizie, di sopraffazioni. L’ uomo è dannato alla sofferenza e fa parte della sua dannazione che sia lui stesso a provocarla. Qui entra Lutero: si salva solo chi è predestinato, chi il Salvatore sceglie per la salvezza. Wagner si tormenta intorno alla figura del Salvatore. Lohengrin lascia il mondo perchè Elsa fallisce la prova, l’ umanità non si lascia salvare. Il Tristano e l’ Anello propongono come uscita il totale annientamento, il ritorno alla unità primordiale, indistinta, dell’ inorganico, la materia indeterminata da cui tutto ha origine. Parsifal sembra proporre un’ altra via, apparentemente più cristiana. In realtà, dietro l’ unione mistica col Graal, non una delle sofferenze che lacerano la meravigliosa partitura viene redenta, dietro il messaggio di conciliazione universale Wagner sembra celare il tormento della condanna a non trovare pace, l’ orrore della morte, la violenza della concupiscenza che si fa volontà di potenza. E qui il direttore Sinopoli appare più lacerato, e dunque più wagneriano, del conferenziere Sinopoli. Il suo Parsifal è semplicemente sconvolgente, percorso da cima a fondo da un’ ansia di aria, di libertà, di respiro che si ritorce su se stessa, precipita in vortici di aneliti frustrati, di melodie malate, si direbbe consunte. La libertà, la liberazione è attesa, sospirata, perfino intravista, ma non c’ è. E’ un Wagner di folgorante modernità, che parla, con inquietudine implacata e implacabile alla nostra inquietudine, con lucida e ferma disperazione alla nostra mancanza di illusioni per una umanità che esca dalla violenza, dal sangue, dalle ingiustizie. Ma è una disperazione che non si arrende: la salvezza è là, guardatela, sembra dire, basta volerla, accoglierla. Infiniti particolari, molti momenti esemplificano questa linea interpretativa. Se ne additano due, sublimi: uno è la dolcezza nervosa di Kundry, del canto di Kundry, una grandissima, insuperabile Waltraud Meier, e il canto ancora più dolce, ma sfatto, spappolato, dell’ orchestra che l’ avvolge. L’ altro, impressionante, il funerale di Titurel. E il senso di sconfitta di Gurnemanz, uno splendido, commosso e commovente Kurt Rydl? L’ angoscia ‘ senza fine’ di Amfortas, un intensissimo, dolente, emozionante Franz Grundheber? Robert Schunk doveva essere Parsifal, ma si è ammalato, e lo sostituisce, molto bene, Paul Frey. La voce non è bella, ma l’ uso è appropriato e asseconda con intensità le intenzioni espressive del personaggio. Hartmut Welker è il tormentato e tormentante Klingsor, e conferisce al personaggio una tortuosa interiorità, in linea con l’ interpretazione di Sinopoli, che appunto fa del Parsifal uno scavo tutto interiore, dionisiaco delle radici metafisiche del male. Che è la domanda più antica del teatro, da Eschilo, a oggi. Parsifal si colloca su questa linea, e Wagner, come Eschilo, come Shakespeare, come Beckett, non conosce risposta, conosce solo l’ interrogarsi e questo interrogarsi canta allo spettatore. All’ immane fatica interpretativa rispondono bene sia l’ orchestra, sia il coro preparato da Norbert Balatsch, dell’ Accademia di Santa Cecilia. Bene fanno anche tutti gli altri interpreti che sarebbe troppo lungo qui citare. L’ Accademia di Santa Cecilia va ringraziata per avere così colmato uno spazio che i teatri italiani sembrano così restii oggi ad occupare. Wagner si fa sempre di meno. Anche se nel resto d’ Europa si fa sempre di più. Ci si affretti dunque ad andare a Roma e ad ascoltarlo: domani l’ ultima replica: nella parte di Parsifal il tenore René Kollo. Un Parsifal di tale forza e intensità e complessità interpretativa non si ascolta spesso.

DINO VILLATICO | 09 marzo 1994

Rating
(6/10)
User Rating
(3/5)
Media Type/Label
Technical Specifications
192 kbit/s CBR, 48.0 kHz, 347 MByte (MP3)
Remarks
In-house recording of a concert performance
There were three performances given with three different Parsifals (Manfred Schunk, Paul Frey, René Kollo).